Gavazzi saluta la pallanuoto: “il mio viaggio in piscina finisce qui!”

Se volete sapere cosa rappresenta per Filippo Gavazzi il Bogliasco vi basterà guardare il suo piede destro. Sulla pelle noterete un disegno indelebile fatto con l’inchiostro blu: il logo della società che è stata casa sua negli ultimi vent’anni. Tanto è passato dalla prima volta che un bambino col cuore pieno di sogni si è calcato sulla testa la calottina biancazzurra.

Dagli Acquagol alla Prima Squadra, passando attraverso gli Scudetti con le rappresentative giovanili e le soddisfazioni con le nazionali azzurre, la strada di Fillo è stata lunga e ricca di emozioni. E ora che quel viaggio giunge al capolinea non si può non gettare uno sguardo all’indietro: “Se sfoglio l’album dei ricordi le foto da mettere in copertina sono troppe. Non saprei davvero da quale cominciare. Ogni immagine racconta una storia. Ogni scatto mi riporta alla mente brividi mai del tutto attutiti. Ogni singolo momento passato in vasca è stato unico e resterà per sempre dentro di me”.

Nell’acqua clorata Filippo ha trovato l’elemento naturale in cui far germogliare l’uomo che è oggi, nel pallone ruvido il compagno di giochi preferito. Fattori da declinare al passato, oggi che con la pallanuoto ha deciso di dire basta. Seppur non senza fatica: “Ho 26 anni e so di poter avere ancora tante stagioni davanti a me. Ma è giusto fermarsi qui. E’ giusto per me, che voglio continuare a studiare architettura nella maniera più proficua. E’ giusto per la mia famiglia, che conta anche sul mio aiuto per mandare avanti l’azienda in cui lavoro. E’ giusto per i miei compagni, ai quali sento di non poter più riuscire a dare tutto me stesso come ho sempre fatto dal primo giorno di piscina. Lasciare la pallanuoto è duro. Perché fin da quando avevo 6 anni lei è stata la mia quotidianità. Ma sono convinto che questo sia il momento giusto per farlo”.

In due decenni di carriera i momenti da rivivere o da riscrivere possono essere molti. Per Filippo si condensano in un unico episodio, contrassegnato dalla calottina azzurra della nazionale Under 18: “Era il 2016. Giocavamo la semifinale del mondiale a Podgorica, in Montenegro. Eravamo sotto di uno e stavamo portando l’ultimo attacco. Ricevo palla centralmente e con la coda dell’occhio vedo il mio compagno libero al centro. Per un istante mi proietto avanti nel tempo di qualche secondo. Immagino il mio passaggio e la sua conclusione a rete. Sento il boato della piscina e il pubblico che impazzisce. Assaporo gli applausi dei compagni, i complimenti dell’allenatore, la gioia per un momento di gloria forse irripetibile. E’ tutto perfetto, come nei sogni. Ritorno alla realtà, cerco il varco per servirlo e lo trovo. Lui riceve palla, si libera della marcatura, prende la mira e spara a rete. Tutto come previsto. A parte un dettaglio. Il più importante. Il suo tiro si spegne tra le braccia del portiere. E con esso si spengono anche le nostre ambizioni di metterci al collo una medaglia. Ecco, se potessi tornare indietro vorrei rivivere i brividi di quell’istante lì cambiandone l’epilogo. Avevo fatto la cosa più giusta ed ero fiero di me. Ma, se potessi riavvolgere il nastro, questa volta il tiro lo farei io…”.

Non fatemi ingannare però. Spazio per i rimpianti nelle mente di Filippo non ce n’è. Anche perché i sorrisi ricevuti in vasca sono ben più numerosi delle lacrime mischiatesi con l’acqua clorata: “Quando nei giorni scorsi ho provato a ripercorrere mentalmente la mia carriera, a caldo i rimpianti mi sono sembrati tantissimi. Quella medaglia non conquistata, quel traguardo non raggiunto, quella gara persa malamente. Poi però l’emotività ha lasciato spazio alla razionalità e ragionandoci su in maniera più lucida non posso che essere soddisfatto di tutte le cose belle che ho realizzato tramite questo sport faticoso ma bellissimo. No. Non ho rimpianti né rimorsi. Per tutto ciò che mi ha dato alla pallanuoto posso rivolgere una parola soltanto: grazie!”.

Un grazie che va doverosamente esteso anche a chi questo sport gliel’ha fatto conoscere ed amare: “Non mi piace fare i ringraziamenti, anche perché si finisce per dimenticarsi sempre qualcuno. Però ci sono tre persone che non posso non ricordare e non nominare. Tre maestri fondamentali nella mia crescita di uomo e di sportivo: Luigi Boldrini, Gimmi Guidaldi e Pachito Sbolgi. A loro devo davvero una parte importante di ciò che sono”.

Ora per Filippo inizia un nuovo cammino nel quale lo sport non sarà più al centro sul suo universo. Almeno per il momento: “Non escluso un giorno di poter rientrare nel mondo della pallanuoto in un’altra veste. Per ora però non ci ho ancora pensato. Ciò che è certo è che resterò per sempre un cuore bogliaschino”.

E se non ci credete provate a dare uno sguardo al suo piede destro…

 

Marco Tripodi
Ufficio Stampa Netafim Bogliasco 1951

image_pdfSalva in PDFimage_printStampa il contenuto